mercoledì 2 novembre 2016

U.S.A. PARTE SECONDA - semplicemente partire per la Death Valley

Quando alle 5.45 a.m. mi trovavo sulla Roma - Fiumicino in procinto di perdere il volo, tutto quello che riuscivo a pensare era mio padre e a come sarebbe stato felice di sapere che sarei rimasta a Roma.
Ma questo per fortuna non è successo.
Il 27 settembre alle 18.30 sono atterrata a LAX.

Credo di essere iscritta sia a couchsurfing che a warmshowers, eppure non li ho mai utilizzati.
A me piace pensare che nel mondo esiste ancora il passaparola o la gente incontrata per caso.
Una volta ho provato a chiedere ospitalità tramite uno di questi siti e mentre creavo il mio profilo pensavo che dovevo scrivere cose carine altrimenti la gente non mi avrebbe ospitata, ma io non sono carina, in generale e a maggior ragione dopo un lungo volo, ma chi vuoi che lo sia dopo 14 ore di volo dall'altra parte del mondo. Arrivi stanco, sporco, che puzzi del sudore tuo e degli altri, hai fatto pipì in una scatola e non fumi una sigaretta dal giorno prima in Italia, hai l'ansia che i bagagli si siano persi in qualche scalo e l'inglese, per me, parlare inglese dopo tanto è come camminare con una gamba addormentata, sembro completamente idiota.
Non mi piace farmi ospitare da perfetti estranei conosciuti in internet, sebbene sia uno dei migliori modi per risparmiare soldi.
Io comunque qualcuno che mi ospita lo trovo sempre alla fine. Tramite amici di amici di amici, gente che dall'Italia è scappata via tempo fa, gente che vive una vita parallela, gente che a volte internet nemmeno lo usa.
In America ho trovato Fabio e Sonia. Quindi anche quest'anno sono stata fortunata.

All'alba di una mattina qualunque li ho salutati per andare a fare il mio giro.
E' divertente dire - ciao, ci vediamo tra un mese, forse - di solito esco in bici per andare a lavoro e rientro la sera, non è che capita tutti i giorni di dire ciao, pensando, se tutto va bene, di rientrare in casa dopo un mese.


Secondo me noi dimentichiamo con troppa facilità le nostri origini e quello che eravamo fino a pochissimo tempo fa. Non capisco perché si debba sempre pensare che per fare un viaggio in bici bisogna essere per forza degli atleti, quando la bici fino a qualche decennio fa era il mezzo di spostamento principale.
A volte, devo dire che capita più spesso quando bevo, quando incontro qualcuno, magari amico di amici (e vengo presentata come quella che viaggia, come se nella vita facessi questo e nient'altro, p.s.: devo cominciare a dire che sono una blogger, almeno fa fico), alla solita domanda "ma tu come fai" (con annessi e connessi: mangi bene, non fumi e non bevi) rispondo "prendo la bici, mi siedo e poi comincio a muovere i pedali e quella miracolosamente si regge su due ruote e mi porta in giro" (eh lo so, l'ho detto prima che sono antipatica!).
Se invece non ho bevuto cerco di spiegare che magari provando anche chi pensa sia impossibile può riuscire (vedi a volte la vita che è strana, per esempio non capisco perché qualcuno ci ha dato due gambe, per fare cosa?), se va bene ti apre un mondo, nel peggiore dei casi se ti stufi e pensi che sia troppa fatica puoi sempre buttarla e proseguire in altri modi, non è che si muore di solito per così poco.
Morale della favola è che un viaggio in solitaria in bici è normale, fattibile e sopratutto comune nel resto d'Europa e del mondo.

Andare nel deserto da soli un po' meno.

Ma questo lo sapevo già prima di partire. Non realizzare in testa quello che si sta per fare, ma credo poi in qualsiasi viaggio, è l'errore più grande che si possa fare.
Per un viaggio nel deserto si devono portare tre cose:
_acqua: io ne trascinavo 25 litri per quasi una settimana di vuoto
_cibo: non per forza si deve mangiare qualcosa di fresco, basta solo che sia secco, precotto o bianco, se poi è anche leggero ma calorico ancora meglio
_autodeterminazione: per andare li dentro e uscirne fuori è necessario essere prima sicuri al 120% di volerlo fare, perché una volta in mezzo, completamente isolati da tutto, non è possibile pensare di dire basta adesso mi sono stufato la finisco qua

se manca anche solo una di queste tre cose si muore e di gente che è morta ce ne è stata abbastanza; al contrario invece risulta essere una delle esperienze più affascinanti che si possano fare nella vita.

Io non ero preparata a tutto questo. Non esiste un manuale di sopravvivenza e non amo leggere delle esperienze già fatte da altri. Uscire da Los Angeles e dopo pochi km stare a 40° in mezzo alle montagne è stato un po' come prendere uno schiaffo in faccia.
Infatti la prima sera mi è venuta la febbre.

Ma quando lo spettacolo vale la pena di essere visto, anche la febbre diventa, sebbene fastidiosa, una cosa di poco conto


Mi ci sono voluti quattro giorni per raggiungere la Death Valley e in questi quattro giorni ho avuto il piacere di imbattermi in due tempeste di sabbia.
Forse tutti, nel proprio immaginario, hanno presente come è fatta una tempesta di sabbia, ma sono sicura che non tutti sanno quanto pericolosa possa essere.
La sabbia si infila in ogni dove impedendo di vedere a distanza di qualche centimetro e lentamente ti soffoca.
Comunque la valle della morte si trova all'interno del deserto del Mojave e fa da confine geografico tra California e Nevada. Il suo punto più basso va a circa 300 m sotto il livello del mare e quello più alto a 1.700 m. Quello che nessuno vi dirà è che è assurdamente bella.
Per raggiungerla ci sono diverse strade ed evidentemente io ho scelto la più "brutta" perché per 3 giorni non ho visto un solo essere umano.



Il mio istinto, quando viaggio, quando non c'è nessuno a indicarmi la via, quando il suono dei miei pensieri è più forte di qualsiasi altro rumore; il mio istinto è l'unico a sapermi indirizzare, e ci riesce sempre bene, perché anche perdendomi (forse sopratutto perdendomi) riesco sempre a trovare posti di una bellezza unica che sulla cartina non sono nemmeno segnati.


Le strade nei deserti si perdono, puoi tranquillamente passare da una strada apparentemente tranquilla ed asfaltata allo sterrato.
Adesso non è che lo sterrato sia un problema se hai una bici che ti permette di farlo, l'unico problema è che essendo deserto non conserva traccia di passaggio, quindi ti trovi una distesa di terra in un paesaggio pressapoco lunare e nessun punto di riferimento, è un po' come perdersi in mezzo alle montagne e non trovare più il sentiero, ecco non è esattamente semplice.
Altro piccolo problema è il caldo. Non che io abbia sudato, perché il caldo è un cedo molto secco, e in realtà non sudi ma evapori senza accorgertene. Le labbra e la gola senza idratazione (parliamo di max un'ora senza acqua) diventano secche e cominciano a spaccarsi; tutte le parti scoperte ed esposte al sole cominciano a ustionarsi e un leggero senso di disorientamento (che magari non avrei in qualsiasi altra situazione) prende piede.
A mente molto fredda e con le giuste precauzioni ad ogni modo si riesce ad andare avanti.
Allora puoi arrivare in posti tanto belli quanto unici, e non capisco se sono belli e unici per il semplice fatto che in pochi sono arrivati fino a li o se paesaggisticamente parlando lo sono davvero.



In questo particolare posto le ombre si intrecciano e si fondono con le rocce, delle rocce che sono alte e sottili e si reggono in piedi sotto quel sole da millenni, da prima che l'uomo iniziasse il suo viaggio.
Ho passato una notte insonne per via del vento che sembrava non volesse la mia presenza in quel luogo. Forse alcuni posti devono restare li, lontani dagli sguardi o da lunghe permanenze. 
Per me, che soffro di una fobia per le cose scure, non so se esiste un nome, stare in quel posto circondata da ombre sotto un cielo denso di stelle che riuscivano ad illuminare il profilo di quei mostri statuari è stato un po' come affrontare un demone, nella totale assenza di suoni fatta eccezione per il vento.
Ho provato a prolungare la mia permanenza fuori dalla tenda (tanto mi era impossibile dormire), ma la presenza che quelle ombre potessero raggiungermi mi ha fatto desistere dalla tentazione di rimanere fuori a lungo.



L'indomani, appena il vento mi ha concesso di chiudere tutto il baracchino ho ripreso quella che apparentemente sembrava la giusta direzione per addentrarmi realmente nella Death Valley 


Passo una città fantasma, lo spettacolo è tanto macabro quanto raro. Si trova sulla strada che fiancheggia la valle da est; la via è indicata male, e forse per questo non vedo ombra di macchine, o forse a nessuno interessa quello spettacolo di distruzione.
Quello che colpisce è una targa di pietra con su scritto "in memoria di tutti quelli che tentando di scappare dalla valle della morte sono rimasti intrappolati sotto al sole".
Brividi, semplicemente un grosso enorme brivido lungo la schiena.
Passando oltre la cittadina la strada si interrompe, nuovamente sterrato e questa volta sabbioso e non bastando il vento si alza spingendo la sabbia dentro ogni piega dei miei vestiti. La sensazione è quella di ricevere delle frustate su ogni parte scoperta del corpo; la sabbia avvolge gli occhi la bocca e le narici e non è possibile muoversi rapidamente o respirare profondamente.

l'inizio di una tempesta di sabbia all'orizzonte
Mi dico che devo sbrigarmi, magari sull'altro versante della montagna il vento cambia direzione e ancora una volta  ho fortuna e posso proseguire.
Quello che vedo una volta uscita dalla tempesta è uno spettacolo meraviglioso. Ci sono 150km di strada, ma questa sembra disegnata come in un fumetto. Ricorda un serpente che striscia in superficie e si perde tra le montagne che la fiancheggiano: un trionfo di colori.
Per attraversarla c'è voluto un grosso lavoro di autodeterminazione, perché la strada sale a 1.700m in soli 50km e poi scende a -300 a picco e il mio barometro segnava i 47°, quel caldo che non te ne accorgi ma che ti uccide lentamente, non scherzo nemmeno e vado semplicemente a piedi portando in mano la bici per 50km.
Passo nuovamente una notte in bianco (come potete vedere dalla foto in alto le tempeste di sabbia sono comuni anche di notte, forse anche più la notte e in generale non credo di aver dormito tanto per tutto il mese, non solo nella death valley).
L'indomani decido che è giunta l'ora di andare via da quel posto, sono rimasta con pochi litri di acqua e ho seriamente bisogno di una doccia e di mangiare.

Solitamente nella "vita reale", la mattina ci alziamo e davanti a noi c'è sempre lo stesso, immobile, statico, permanente armadio.
Quel giorno appena sveglia mi sono trovata di fronte a delle maestose, per niente statiche, dune di sabbia e mi sono chiesta quante volte nella vita uno ha la fortuna di svegliarsi e trovarsi di fronte la maestosità di sua regina il deserto.
Certo è che trovarsi li in mezzo non capita per sbaglio e andarsela a cercare a volte vuol dire anche rischiare tutto, ma per me ne è valsa la pena, come in ogni singolo viaggio.
Il caldo insopportabile, la paura di finire l'acqua, il cibo sempre più repellente, la sensazione di essere soli al mondo e abbandonati a madre natura, non sono cose che davvero capitano tutti i giorni, per questo sono speciali.


Superato quel deserto di dune mi ritrovo a salire per la montagna che separa California e Nevada.
La strada che apre le porte al nuovo stato è quella che si vede in tutti i film di motociclisti allo sbaraglio: dritta, infinita, che si perde all'orizzonte e ai fianchi le alte montagne grigie che la sommergono, li, fino a dove l'occhio può arrivare.


Ben presto mi stuferò di vedere sempre lo stesso paesaggio e mi chiederò perché non ho deciso di cambiare direzione, ma allora era già tardi per farsi queste domande perché mi trovavo già dentro il bianco roccioso deserto del Nevada.


2 commenti:

  1. Vorrei dire tante parole, ma riesco solo a immaginare quei posti che tu hai affrontato. Io non sarei stato capace. Sei solo da ammirare

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  2. Vorrei dire tante parole, ma riesco solo a immaginare quei posti che tu hai affrontato. Io non sarei stato capace. Sei solo da ammirare

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"In natura un contorno non esiste, dunque la forma disegnata dall'artista non è un elemento realistico, ma una sorta di spettro"

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